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Orfanotrofio “Les petites Samaritanes”- Djoum (Cameroon)
2008-03-26
Nel piccolo villaggio di Djoum, nel cuore della foresta popolata dai pigme, Isabelle Ze nell’orfanotrofio che ha fondato cresce circa 45 bambini orfa...
Progetto Baka- Sangmelima (Cameroon)
2008-03-25
Leo è un italiano che vive con la moglie, originaria del Chad, nel sud del Camerun in un’area popolata dai Baka, un’etnia pigmea. Ha aperto diverse pi...
Centro HIV Maria Negretto – Bafoussam (Cameroon)
2008-03-15
Laolen Testen ha 4 anni e mezzo. Attualmente viene curato per la tubercolosi ma è sieropositivo perché Sara, la mamma è malata di Aids. Quando il mari...
Cameroon

Eccoci in Cameroon - 4 mar 2008

Attraversiamo il ponte sul Cross River ed eccoci in Cameroun.
Una bella buca di quasi un metro proprio sotto la sbarra della dogana, ci preannuncia come troveremo le strade che stiamo per affrontare.
Intanto con i nostri documenti e visti pronti, sbrighiamo in pochi minuti le pratiche doganali nei due uffici polizia e dogana.

Viene chiamata “la strada più brutta del mondo” ed in effetti i crateri di fango che la devastano sono al di là di ogni immaginazione.
Ce ne sono per 60 km.
I solchi scavati dai pneumatici dei camion durante o subito dopo il periodo delle piogge sono di circa un metro di profondità. Sono alloggiati dentro buche profonde oltre 3 metri, per una lunghezza di 30 metri. Con l’acqua diventa una piscina profonda con fondo melmoso.
In questo periodo, anche se la prevista stagione delle piogge di maggio sta anticipando, e sta già iniziando a piovere, il terreno asciugato dalla stagione secca assorbe ancora bene e noi troviamo solo un pò di fango.

Siamo in piena foresta. Il paesaggio è tropicale. Qualche zanzara, altri animaletti volanti punzecchiatori non ben identificati e caldo.
Qualche trasporto collettivo con grande coraggio e molta calma collega i vari villaggi in viaggi "della speranza".
La speranza che non si rompa nulla e si arrivi a destinazione.
Ad ogni buca si scende e si spinge. Non si sa chi sia più utile. Il pulmino che li porta o i passeggeri che spingono e senza i quali il mezzo rimarrebbe nella foresta.

Ancora non ci basta

Arriviamo a Manfè abbastanza presto e decidiamo che i 60 km di camel trophy personale non ci bastano.
Continuiamo allora per con i successivi 110 km di strada uguale o peggiore. L’auto è pesante e piena di gasolio ed avanziamo lentamente. Quando le buche sono di fango secco, sono le peggiori perché costringono il mezzo in twist che mettono a dura prova le sospensioni sempre al limite.

Widikum

Alle 16,15 entriamo a Widikum uno dei tanti villaggi collegati da questa strada che chiamano trans-africana.
Il governo si era impegnato a più riprese anche davanti alla commissione europea a sistemarla anni fa. Non si pretenderebbe l’asfalto ma almeno una ruspata…
Per questa gente durante il periodo maggio-novembre è quasi impossibile muoversi. Non si possono spostare dal villaggio neanche per le urgenze mediche.
Per noi ci sono ancora 2 orette di strada o forse 3, dipende da quello che incontriamo. La strada in questi 90 km percorsi non è mai migliorata, anzi.
Ci appare un grande edificio ben tenuto e recintato. Rallentiamo e guardiamo il cancello. E’ un ospedale-dispensario. Ci viene l’idea di chiedere se possiamo passare la notte dentro il recinto ed entriamo.

Ci viene offerta ospitalità e una bella doccia seguita da cena graditissima. Sono alcune suore spagnole che gestiscono il complesso qui sperduto in mezzo alla foresta.
Partito come dispensario, ora è diventato ospedale con sala operatoria, reparto di maternità molto attivo con un programma di educazione alle mamme.
C’e’ anche un reparto per sieropositivi e malati di hiv dove tentano di salvare alcuni bimbi nati da mamme infette alimentandoli con latte artificiale.
Le mamme sono alloggiate all’interno. Decidiamo un gettone Elfo per il latte caro, difficile da trovare. (vedi in solidarietà).

Attualmente stanno aprendo un dispensario a Menka, un villaggio sperduto nella foresta a 25 km nell’interno.
E' raggiungibile da ore di fuoristrada, seguendo sentieri dove solo un locale si può districare.
Ogni due o tre giorni parte un corriere in moto che porta medicinali e rifornimenti. Con due ruote si passa meglio.

L’indomani pensiamo di ripartire ma prima visitiamo il centro e mentre ci mostrano la sala operatoria ci raccontano che devono operare con una torcia a mano e una luce normale perché la bellissima doppia lampada operatoria non funziona da tempo dopo che un tecnico locale ha tentato di cambiare la lampada bruciata smontandogliela tutta a pezzi.
Ci fermiamo e proviamo a fare del nostro meglio per capire il problema. In fondo è solo una lampada. Mentre siamo al lavoro intanto è arrivata in ospedale una bimba … che uno stregone locale ha tentato di curare con un intruglio che le ha perforato lo stomaco. Purtroppo non riuscirà ad arrivare a sera.
Dopo una giornata di lavoro abbiamo trovato diversi guasti nella lampada e nel gruppo di continuità ma senza i pezzi di ricambio non siamo stati capaci di far ripartire nulla.
Siamo molto dispiaciuti.

Nella notte, verso le 5, siamo svegliati da un canto straziante.
Una donna. Pare folle o ubriaca.
O disperata.
Canta una nenia o meglio la urla.
E’ ripetitiva e angosciata.
Non capiamo se proviene dalla strada o dall’ospedale.
Al mattino ci raccontano che il suo bimbo le è morto in braccio.
Era arrivato in ospedale qualche giorno prima con 5 di emoglobina e si tentava di salvarlo.
Aveva trascorso 7 ore in una cesta assieme a della frutta, in testa ad una zia che non si è risparmiata camminando per arrivare in ospedale.
7 ore di sballottamenti al caldo fra insetti e zanzare.
La mamma partoriente sarebbe arrivata (in 7 ore di cammino) il giorno dopo.
Il bimbo aveva pochi giorni.
La mamma ha 15 anni.

Non è facile andarsene avvertendo questo “bisogno”. Ci si sente in trincea. Proviamo a riparare qualcos’altro ed è la volta di una autoclave per sterilizzare e di una bilancia pesa-neonati elettronica.
Manuale alla mano si ottiene lo stesso risultato. Senza pezzi e senza conoscere a fondo le macchine si brancola nel buio e non si ottengono risultati concreti se non escludere la rottura di alcuni pezzi che i tecnici locali davano per guasti.
Ma sapere che il problema è “altro” e non si riesce a trovare è veramente frustrante. Ci si sente completamente inutili. Incapaci.
Questa è l’Africa. Costosi macchinari bloccati e inutilizzabili a volte per una bazzecola, a volte per un pezzo di ricambio per noi banale ma sul posto introvabile.

APPELLO

Qui occorrerebbe un medico, un chirurgo, un elettricista esperto, un tecnico.
Che avesse voglia di spendere 1 mese di vacanza e venisse qui a dare una mano.
Vitto e alloggio lo paga la struttura. Viaggio lo paga ELFO.
Qualcuno ha voglia?
Si faccia avanti.

Ospedale Widikum:
GPS N5°51.725' E9°45.920'

Si riparte - 6 mar 2008

Salutiamo le suore. In questo posto lasciamo un pezzo di cuore e qualche lacrima.
Speriamo di aiutare coinvolgendo qualcuno che venga a dare una mano.
Il viaggio continua.
La strada non migliora.

Arriviamo sull’asfalto di Batibo e la K7 ci richiama subito alle urgenze del viaggio sbandando pesantemente ad ogni frenata ed accelerata. Ad ogni salita e discesa. Si è polverizzato un silent block (NUOVO!!!) montato in Ghana da Pit Stop. E’ quello del puntone DX del ponte posteriore.
Decisamente anche la nostra esperienza con questo meccanico ghanese è negativa.
Esattamente come quella di Rosse Haidi, overlander passati prima di noi.
Cerco un pezzo di ricambio. Costo per locali 5.000 CFA costo per noi 25.000 contrattati a 15.000.
Lo prendo. Qui non ci sono concessionari Land Rover e i pezzi si trovano dal rottamaio.
Ne ordino un altro perché mi aspetto che anche quello SX ci lasci presto. Vado da un altro restauratore di land 88 e 109 che me ne procura uno nuovo (?) per “soli” 10.000 CFA.
Lo prendo e lo metto di riserva.
Campeggiamo nel bel prato del centro di accoglienza della missione presbiteriana a Bamenda.
Gps N5°58.069 E10°09.130

Ring Road - 8 mar 2008

Da questa città parte quella che viene chiamata la Ring Road.
367 km di strada per il 90 per cento infernale ma paesaggisticamente bellissima. Forma un anello attorno ad un complesso di montagne alte fino a 3000 mt.
Se fosse a inizio febbraio, con auto scarica e in 2 mezzi , proveremmo a percorrerla. A parte che è infattibile ora perchè è crollato un ponte circa a metà e non si sa quando lo ripristineranno.
Noi decidiamo di visitarne solo un pezzo, dove la strada è migliore.

Bafut – 8 Marzo 2008

Bafut è uno dei paesi che si incontrano. Il suo interesse deriva dal palazzo del FON.
Altro non è la casa del re.
Queste popolazioni sono ancora sensibilissime a superstizioni, spiriti degli avi, stregoni e guaritori. “Nobili” e capi vari.
Nelle loro caratteristiche case con i tetti a punta i potenti dei villaggi possono alloggiare con decine di mogli, tengono udienze per giudicare le colpe o per sanare dispute. In alcuni casi pare abbiano ancora diritto di vita o di morte.
La legge dello stato passa in secondo piano.
Per la visita si paga circa 6000 xfa per 2 persone più macchina foto.

Durante la giornata ci sono strade con pendenze con oltre il 10 per cento. Le marce corte, visto anche il peso del mezzo servono molte volte. In una manovra di inserimento, voilà le lunghe non entrano più.
Niente da fare.
Si inseriscono appena e saltano subito fuori. Neanche a legare la leva, come suggerisce l’amico meccanico Mc.Daniel, si ottiene un buon risultato.
Visto che piove pure, si tenta il suicidio tramite fulmine dall’alto di una collina scalata in 20 minuti di passeggiata.

Suicidio fallito. Allora con l’aiuto di un restauratore di Land Rover che mi aveva rapinato il giorno prima vendendomi il silent block di ricambio per il puntone, sistemiamo tutto.
Per fortuna in breve tempo. Se vi occorre un meccanico Land ecco il punto.
N5°57.915’ E010°08.965
I meccanici che lavorano con le Land Rover si possono chiamare a tutti gli effetti “restauratori” visto che quella più recente che circola è la nostra che ha 20 anni.
Le loro sono in genere i modelli 88 e 109 che resuscitano in maniera impeccabile. Viene voglia di averne una come collezione. Se si potessero esportare in Italia si farebbe una fortuna.

Ecco una gradita sorpresa! Un luogo sicuro e confortevole dove passare la notte ed un goloso regalo da parte dell’ospitale Fratello Gianluca.
Nella missione dei frati cappuccini di Bambui Incontriamo persone molto interessanti, con un passato forte. E un presente ancora ricco di grandi gesti, testimoni di momenti intensi di nera disperazione o di conforto.
In qualche ora di chiacchiera ci regalano frammenti di racconto della loro esperienza.
Le cuciamo insieme per provare a regalarvi le emozioni che hanno trasmesso a noi.

Racconto delle Carceri

Quella mattina Assan non aveva mangiato. La misera colazione, in genere attesa e contesa, non era riuscita a passare dal groppo che l’angoscia gli aveva infilato in gola alle prime luci dell’alba.
L’ho trovato in un angolo che piangeva. Sul viso dei suoi 12 anni le lacrime gli ridanno la dimensione del bimbo sperduto. Una dimensione aliena e stridente col luogo in cui si trova. Il carcere di Bamenda. Mi avvicino e cerco di consolarlo. Le nostre diverse religioni non ci impediscono di darci conforto, ascolto e comprensione.
Questo non è il suo turno per il letto e ci sediamo in terra vicini. Nello stanzone dei minorenni ci sono 60 adolescenti dai 12 ai 18 anni ma solo trenta letti. Occorre fare a turno o dormire assieme. Col sovraffollamento e la promiscuità esistenti, questo spesso comporta alto rischio di violenza sessuale. Sempre meglio delle grandi stanze degli adulti, dove sono in un centinaio e dormono in terra o su cartoni. Niente letti. Chi può corrompere una guardia o un “ospite anziano” si può procurare una stuoia o un materasso. Una specie di bolgia dantesca dove il concetto dei diritti umani rimane prigioniero fuori dalle sbarre. I soprusi sono il pane quotidiano. Soprusi di ogni genere, da parte delle guardie o dei compagni di cella. La tortura per loro è ancora una realtà, una possibile esperienza.
Non si dà pace Assan e piange dicendo che vuole tornare a casa. Ha rubato in una casa una bombola del gas. Pare che vengano aperte, smontate. Sono un ottimo materiale per costruire pentole. Il ricettatore fa affari d’oro trasformandole e rivendendole al mercato. Il facile guadagno alletta i ragazzini che divengono ladri improvvisati entrando nelle povere case dalle serrature inesistenti. Erano in 3 ma solo lui è stato sfortunato e lo hanno acciuffato. La fortuna che gli ha voltato le spalle però lo ha subito aiutato evitandogli il linciaggio. Pratica comune e diffusissima in parecchi paesi africani. Quando arriva la polizia in genere è tardi. La pratica più usata è quella del copertone incendiato. Spesso utilizzata per chi provoca incidenti stradali.
Il malcapitato fra sputi e percosse viene infilato in un copertone da auto che gli blocca le braccia. Viene poi appiccato il fuoco e il resto va da sé.
Nel complesso carcerario ci sono anche una quarantina di donne, alcune con i piccini al seno. Prigionieri senza colpa che vivono i primi mesi e a volte anni senza la libertà.
Per tutti, a turni diversi, ci sono le uscite nel cortile per le ore d’aria. Il Cortile è recintato in gran parte da pali di bambù perché l’alto e nuovo muro di cinta perimetrale è crollato in occasione di un grosso nubifragio. Non avevano evidentemente ben fatto le fondamenta. Oppure i soldi per il cemento sono serviti a pagare le tangenti e la ditta ha pensato di risparmiare impoverendo la malta. E cosi il muro è crollato e hanno issato la palizzata di bambù.
Questo però non preoccupa le guardie perché in caso di fuga hanno l’ordine o il permesso di sparare alle gambe. Se mirano bene.
Nessuno pensa di scavalcare.
Solo durante le mattine in cui la nebbia tarda ad alzarsi il pericolo (o l’occasione) di fuga si fa reale. Di fronte ad uno scavalcamento massiccio di palizzata non sarebbero in grado di vedere e di mirare. Viene così sospesa l’ora d’aria.
Non è facile consolare un bimbo di 12 anni che vuole tornare a casa, mentre la realtà è così diversa. Dovrà attendere il Giudizio. Un’attesa lunga anni. E quando fra 3 o 4 anni verrà finalmente giudicato, avrà 16 anni e sarà quasi maggiorenne. Che possa uscire o rimanga ancora in carcere non farà forse per l’Assan uomo, molta differenza. Sicuramente avrà imparato ad odiare con profondità. Approfittare dei più deboli. Procurarsi quello di cui ha bisogno senza troppi scupoli.
Perfetto.

Racconto della guerra

in costruzione

Maria Negretto – 9 Mar 2008

Ci accoglie nella sua casa di Bafoussam nonostante l’attacco di malaria che oggi la indebolisce.
E’ magra, alta. Corti capelli bianchi di chi ama la praticità. Non regala sorrisi inutili. Quando lo fa è un piccolo dono personale. Caposala nell’ospedale a Rimini, ha deciso 40 anni fa di venire in Camerun per due anni come volontaria. Oggi è ancora qui. Più attiva, stimata e conosciuta che mai.
Ciò che ha fatto questa donna proveniente dalla Romagna per la comunità camerunese meriterebbe un monumento nazionale.
L’iniziativa che maggiormente ci ha colpito è il centro per sieropositivi e malati di AIDS. La ragione che ci ha attirato qui. Oggi, domenica non possibile visitarlo. Ci racconta di Laolen un bimbo di quattro anni e decidiamo di dare una piccola mano assegnando un gettone ELFO. (particolari in solidarietà).
Ancora piena di idee ed energia nonostante la non giovane età, ora intende aprire una radio locale. L’unica che c’e’ è quella ufficiale e trasmette solo musica o propaganda. Occorre uno strumento attraverso il quale si possa fare anche educazione e informazione.
Di certo riuscirà anche in questo intento.

Verso l'oceano

Continuiamo a scendere questa area montuosa portandoci verso il mare fra scrosci e sole. Caldo e umidità. Il paesaggio è strano. Pini e banane allo stesso tempo. Le strade sono buone. I posti di blocco numerosi. E non mancano di fermarci. Dopo 2 chiacchiere ci fanno ripartire a volte senza chiedere documenti. Sulla strada occorre fare molta attenzione a grandi autocarri che trasportano enormi tronchi. Sfrecciano a folle velocità senza fermarsi né rallentare.

Biscotti 4 love… - 9 mar 2008

Questa si che è una idea! Fare biscotti per aiutare l’Africa.
E’ venuta a Pierluigi qualche hanno fa. Nativo di Rovereto di Trento ed esperto di macchine per produzione alimentare, ha impiantato aNkongsamba una piccola fabbrica modello di biscotti nutrienti per bambini. “Biscuit Children”. Organizzato in una ong, “Children Care Cameroun”, ha costruito i muri e importato macchinari assumendo una decina di lavoratori locali.
Produrre posti di lavoro è un bene prezioso in questo paese con un altissimo tasso di disoccupazione. Ma l’importanza di questo progetto risiede altrove.

I biscotti vengono ceduti ai rivenditori piccoli e piccolissimi, quelli da strada, ad un prezzo che copre le spese di materia prima e manodopera. Tutto l’eccesso di produzione che potrebbe comunemente rappresentare il guadagno, viene regalato a orfanotrofi, scuole e ospedali. In questo modo si crea un indotto commerciale e si fa beneficenza. L’idea ci piace.
Tentiamo di contribuire con un gettone ELFO ma Pierluigi lo rifiuta fermamente riservandosi una collaborazione con Elfo in momenti più difficili. In gesto di stima per il lavoro di solidarietà che stiamo facendo con Elfo invece, ci regala 2 pacchi di biscotti e una quantità industriale di pasta. Impossibile rifiutare. Lo ringraziamo ancora da queste pagine.

Limbe - 10 mar 2008

Famosa per le spiagge di sabbia nera. Sabbia del vicino vulcano Camerun ancora attivo. Nel 2001 ha voluto fare visita al mare con una sua lingua di lava che è scesa per un dislivello di 4.000 metri fino all’oceano.

Da queste parti il mare è estremamente pescoso. I cinesi lo sanno bene ed infestano le acque, anche territoriali del Camerun, per pescare e portar via tonnellate di pesce. I locali sono molto arrabbiati ma non possono far nulla. A livello di conoscenza popolare non si sa se la cosa sia illegale o “resa legale” da governativi compiacenti che prendono parte all’affare.
C’e’ una nave militare francese alla fonda nella baia, con tanto di elicottero. La gente di mare pensa che siano stati chiamati per aiutarli contro i pescatori di frodo cinesi.
I militari francesi ci dicono smentendo con un sorriso che invece sono in servizio di perlustrazione anti-narcotraffico. Oltre servire da appoggio ed assistenza ai cittadini francesi residenti negli stati africani dal Senegal al Camerun. Ci viene il dubbio che c’entrino anche i disordini di alcune settimane fa interni al paese, oggi sedati. Ma non indaghiamo oltre.

Ci sbafiamo invece un pesce strabuono sul porto per pochi euro. Pescato e mangiato. Servito caldo e senza posate. La cameriera si siede con noi e ci racconta che lavorando 7 giorni la settimana guadagna 10.000 franchi (15 euro) al mese. Potrebbe comperare 4 di questi pesci. E lei è fra le fortunate che un lavoro ce l’ha. Vorrebbe insistentemente venire con noi in Italia…

Il richiamo della montagna - Mont Camerun

Come si fa a passare sotto un monte di 4.000 metri senza provare a salirlo?
Impossibile.
Se poi è anche un vulcano attivo.
Se poi non serve piccozza e ramponi.
Se poi é il monte più alto dell’Africa occidentale.
Allora diventa irresistibile!
Ci rechiamo a Buea, a 900 metri di quota, in mezzo alle piantagioni di the, dove parte il sentiero di salita. Il tempo è molto nuvoloso e in tutti questi giorni non abbiamo mai visto la cima. Inoltre siamo seduti tutto il giorno sulla Land da quasi 5 mesi e in nostro allenamento è nullo. Comunque decidiamo di provare. Ci sono 2 agenzie che si occupano dei permessi necessari. Una “governativa” e una privata (leggermente meno cara). Esistono varie possibilità, da 5 a 2 giorni. La maggioranza sale in 3 giorni ma noi decidiamo la salita in 2 giorni per la via “guinness”. La più atletica.

Race of Hope – Monte Cameroun 4.095m

Su questo sentiero si svolge ogni anno in gennaio una maratona in salita la “Corsa della speranza”. Ci sono circa 500 partecipanti di cui la metà termina la gara. Vengono da molte nazioni africane. Un dislivello di 3.200 metri da percorrere in salita e discesa. La nostra guida Paul ama correrete e ha il record personale di 4 ore e mezza. Maratona in piano 2 ore e mezza.
Un atleta.
Non riesce a credere, e penso non ne sia del tutto convinto neppure ora, che in Europa e nel resto del mondo, per effettuare la gara occorre pagare. Qui infatti gli organizzatori chiedono 2.000 franchi per l’iscrizione (3 euro). Ne rendono poi 10.000 (15 euro) a tutti quelli che vi prendono parte anche se non arrivano alla fine. “Nessuno altrimenti verrebbe a correre” dice candidamente Paul con l’espressione di chi dice la cosa più ovvia del mondo.
Non concepisce l’idea di pagare per correre e quindi correre per il piacere di farlo. Soprattutto se i vincitori non hanno premio in denaro.
In questa corsa infatti i primi 50 hanno un premio consistente.
Il vincitore porta a casa 3 milioni di franchi.
Quasi 5.000 euro!
Una cifra da capogiro.

Monte Camerun 4.095 metri – Via Guinness

La salita – 13 mar 2008

Ore 7,30. Poco dopo l’alba. Con precisione svizzera guida e portatore si presentano alla Guest House dove campeggiamo con la K7. Mario il portatore avrà come fardello la nostra tenda, i sacchi a pelo e 4 bottiglie di acqua per domani. Non ci fidiamo dei bivacchi che sono sul percorso che alcuni descrivono immondi ed ecco la scelta della tendina leggera di emergenza.
Paul la guida obbligatoria è pronta ma Mario il portatore non ha lo zaino. Si aspetta che glielo forniamo noi. Già. Perché noi abbiamo zaini per tutti i portatori d’Africa. Già. Va già bene che ha le scarpe e non ce le chieda. Torna in paese e solo dopo 30 minuti torna con un sacco da fagioli. Lo riempie con le nostre cose e lo porterà poi sulla testa. Noi partiamo col solito zaino di 10-12 chili.

Ore 8,00 partenza a 950 metri di quota in un clima afoso. Entriamo nella foresta equatoriale. Atmosfera ovattata dalla nebbia. Umidità e sudore gocciolano dai nostri visi ed inzuppano la maglietta.
Ore 10,10 Superiamo la capanna 1 a 1650 metri. Qui c’e’ l’unico rifornimento di acqua della salita. I locali la usano ma a noi la pozza nel fango non ci ispira e ci teniamo le nostre 3 bottiglie a testa. Abbiamo con noi il potabilizzatore ma preferiamo non fidarci confidando nella giustezza dei nostri calcoli idrici. Saliamo ancora.
A quota 2000 circa usciamo dalla foresta improvvisamente.

Un fronte di roccia lavica ripido e scosceso fa da confine. Si notano ancora le profonde ferite del fuoco sui grandi alberi sopravvissuti. Le bruciature del bosco cessano col pendio che si inerpica sul vecchio fronte lavico. Siamo quasi sopra le nuvole. Il forte vento ce le spazzola addosso.
Da qui il sentiero è ripidissimo e non concede tregua.
Raggiungiamo la capanna 2 a quota 2.850 alle 13.30. C’e’ un bel sole a tratti oscurato da rade nuvole, rese frettolose dal forte vento.
1.900 metri di dislivello in 5 ore e mezzo. Considerato la mancanza di allenamento, siamo molto soddisfatti.

La notte – 13 mar 2008

Come immaginavamo il bivacco era in cattive condizioni. Fuori il vento non mollava. Decidiamo di montare la tenda all’interno sul tavolato. Cena fredda e comparsa dei primi topolini che attirati dall’odore del nostro cibo ci gironzolano come gatti affettuosi fra i piedi.
La nostra compagnia è estremamente gradita. Infatti non ci lasceranno per tutta la notte, cercando di scalare le pareti della tenda, scavare tunnel sotto il suo catino e finalmente riuscendo a sfamarsi trovando il cibo di Mario. Noi appendiamo ad alti chiodi i nostri zaini e salviamo le provviste.
Notte difficile.

La vetta – 14 mar 2008

Sveglia alle 4,30 come nella migliore tradizione alpinistica.
Fuori è buio, ventoso e freddo. Ci aspettano 1250 metri di dislivello.
Queste sono le occasioni nelle quali ci si chiede, come Chatwin, “cosa ci faccio io qui?”
Per fortuna, una volta svegli del tutto la motivazione, chissà da quale parte oscura dell’anima, riprende il sopravvento e sembra proprio di essere convinti.
Guanti, cappello, luce frontale e via che si và. Sono le 5,15.

Dopo un’ora sorge il sole. Pare siamo fortunati col tempo. Ci sono stati lampi di temporale sottovento, verso il mare ma sulla montagna rimane sereno. Più volte si ha la sensazione di vedere la vetta o di arrivarci ma sono tutte anticime.

La vera sommità la raggiungiamo dopo 3 ore e mezzo alle 8,45. Siamo soddisfatti per il dislivello superato bene nonostante la quota. C’e’ il sole ma non fa caldo, circa 2 gradi, ed il vento accentua la sensazione di freddo. Le nuvole coprono e svelano in sequenza continua e casuale il panorama. Siamo a 4.095 metri di quota, 30 metri sopra il Gran Paradiso. Pochi minuti, qualche foto e si parte per la discesa.

La discesa - 14 mar 2008

Sono le 9,00. Partiamo verso il basso. Un dislivello di 3.150 metri tutto in discesa. Sul sentiero ci sono fessure, buchi, piccole grotte e caverne. Sono i volumi sepolti dei gas che hanno formato questi anfratti quando la lava era ancora incandescente. Alcuni di piccole dimensioni verso la vetta, sono attivi. Da essi esce vapore caldo. Altri più in basso sono vere e proprie grotte. Alle 11.20 siamo di nuovo al rifugio della notte precedente. Per ora tutto bene. Breve sosta di 30 minuti. Mangiamo qualcosa e via verso la K7, 1900 metri più in basso.
Qualcosa nella discesa però non andrà come si sperava. Nulla di grave ma i 5 mesi seduti sull’auto hanno indebolito i nostri muscoli e le gambe a volte non rispondono bene. Dobbiamo rallentare l’andatura. Arriviamo finalmente alle 17,15. alla Guest House Presbiteriana.
GPS N4°09.694’ E9°13.976’

Ed ora un pò di meritato riposo!-15 mar 2008

Kribi ha le spiaggie bianche dicono. In realtà sono dorate ma il posto con palme e mangrovie sulla spiaggia è davvero bello. E’ uno dei più famosi del Camerun. Il mare è caldo e non troppo agitato
Qualche giorno al Tara Plage per il relax del dopo salita. E’ un ristorante con possibilità di campeggio sulla spiaggia a fianco.
GPS N2°54.343’ E9°54.108’
La prima notte al mare si scatena un acquazzone coi fiocchi. E’ il primo che subiamo con la tenda aperta, in genere pioveva cosi solo di giorno. E’ un buon collaudo per verificare la tenuta.
Infatti piove dentro. (è d’obbligo qualche giusta maledizione a 4Tecnique di Modena che ce l’aveva venduta come assolutamente sicura!) Una parte del materasso si inzuppa e con lui tutto quello che c’è sopra. Per fortuna i temporali qui durano qualche ora, poi ritorna il sole ed asciuga tutto.
Non sarà così per noi questa volta. Dovendo partire e chiudendo la tenda bagnata, in un solo giorno farà la muffa.

Con 1 ora di passeggiata sulla spiaggia si arriva alla cascata di Lobè l’unica o comunque una delle poche che piomba direttamente in mare. Le ragazze del villaggio ne approfittano per fare bucato e rinfrescarsi, mentre i loro compagni offrono gamberetti ai passanti.

Ciao Mauro!

Dalla nostro camping raggiungiamo il paese con una passeggiata sul bagnasciuga di circa 7 km.
Apprendiamo in un internet point la terribile notizia della scomparsa del nostro caro amico Mauro in Nigeria. Ci prende una profonda tristezza e decidiamo di non aggiornare il sito. Mettiamo solo una pagina si saluto per lui. Mauro, che pochi giorni fa era con noi in Nigeria. Non ci sembra possibile. Non abbiamo voglia di rientrare e preparare la cena. Decidiamo di farci guidare dalle usanza locali in fatto di funerali. Qui sembrano feste, sagre di paese. Tutti ridono suonano e mangiano.
Noi non abbiamo voglia di suonare o ridere ma ci rechiamo in un ristorante di livello un poco superiore a quelli che di solito scegliamo. Un poco perché la vita è corta un poco per onorare il nostro amico che sentiamo più che mai assieme a noi.
E lui amava le cose belle.

La “storia” dei taxi.

Si fa buio. Sette km e la sicurezza, impongono un taxi per il ritorno. Le moto fanno qui questo servizio e sono in genere economiche. Da 300 a 500 franchi per la nostra spiaggia. Trasportano 2 o 3 persone oltre l’autista.
Fermiamo una moto-taxi e il pilota ci dice che non ci può accompagnare perché la spiaggia è fuori città e il controllo di polizia lungo il percorse chiede una “mancia” per lasciarlo passare. Il costo cosi diverrebbe proibitivo. Dobbiamo rivolgerci alle moto “autorizzate” che hanno già pagato una specie di tangente mensile una tantum. Si trovano ad un incrocio più in centro e costerà attorno ai 1000 franchi. Ci incamminiamo e lungo il percorso un taxi normale si ferma. Chiede 4000 per lo stesso percorso. Rifiutiamo, contrattiamo e per 2000 accetta. Dice che la polizia gli chiederà 1000.
Usciamo dal paese ed ecco che i fari illuminano un tronco sulla strada ed una luce briluccicante di torcia indica che siamo arrivati al controllo. Il taxista scende e parla un attimo col poliziotto. Gli allunga qualcosa con la mano. Ripartiamo e dopo 2 km ecco di nuovo. Assi sulla strada e pila che lampeggia nel buio. Segnale di fermarsi di nuovo. Questa volta è la gendarmeria. Il taxista sembra molto scocciato. Ben due controlli in 5 km. Scende. Parlano. Risale e accosta il taxi di lato spegnendolo. Beh? Che succede? Dice che gli hanno chiesto altri 1000 franchi e che così lui non guadagna nulla. Scendo, vado a parlare con i gendarmi. Il più alto si distingue appena nel buio. Nero con la divisa verde scuro al buio. Gli chiedo che problemi ci sono e lui risponde che il taxista non ha i documenti. Quale è la verità? E’ il taxista che facendo la vittima cerca di aumentare il prezzo, oppure è il gendarme che con noi dice una cosa diversa per coprire la richiesta di denaro? Decido che non mi interessa la risposta. Laura scende dal taxi, diamo 1500 franchi al taxista e dichiariamo di voler continuare a piedi. Ormai mancano solo 2 km e siamo in un posto più sicuro. Fuori dal paese, nella foresta. Ci incamminiamo. Dopo aver incrociato un gruppo di ragazze che procedevano cantando al buio, ci raggiunge una luce dal dietro. E’ il taxista. “Non potevo permettere – dice - che due stranieri si avventurassero da soli nella notte. Ho detto hai gendarmi che se succedeva qualcosa era colpa loro. Ho detto che invece di generare sicurezza erano fonte di rischio e allora mi hanno lasciato andare per accompagnarvi.” Saliamo e in un attimo arriviamo alla spiaggia Tara e saldiamo con 500 franchi.
Lascio a voi ulteriori conclusioni….

Disordini e malcontento.

Ancora sulla strada c’e’ qualche segno dei disordini delle scorse settimane. Qualche auto bruciata o ammonticchiate ai bordi della strada. L’aumento dei generi di prima necessità ha aumentato il malcontento e l’aumento della benzina ha innescato la miccia. I taxisti sono scesi in “sciopero” ed hanno iniziato i disordini. Come accade spesso poi nel caos succede di tutto, come anche dare l’assalto e svuotare il deposito della birra. Alcune città erano completamente bloccate. Per una settimana non si poteva circolare e la cosa più saggia era starsene tappati in casa.
Qualche promessa da pare del governo, il calo del prezzo dei carburanti e una buona dose di bastonate della polizia, ed hanno sistemato tutto. In realtà la parte anglofona del paese è la più scontenta e un poco tutti più o meno velatamente auspicano la caduta della “dittatura presidenziale”. L’attuale “presidente” infatti è in carica da 25 anni e fra due anni vedrà la fine del suo mandato. Lui e i suoi sostenitori stanno cercando di cambiare la costituzione per tramutare il mandato da temporale a mandato a vita. Buona parte della popolazione questo non lo vuole. Le multinazionali del caffè, della frutta (banane e ananas) del caucciù, del legno, lo vorrebbero ancora in carica. Il futuro del Camerun è prevedibile, sarà un poco agitato.

Il primo bidone.

Il primo bidone ha un’asse al traverso. E’ un equilibrio perfetto. Sull’asse, in un’ordine di funzionale peso, c’è la merce. Banane, yam, patate. A volte pomodori e plantine. Qualche ananas. L’esposizione è efficace. Lontano dalla polvere della strada, ad altezza del finestrino, rimane pulita e visibile all’auto di passaggio. Il guidatore probabile e sperato acquirente.
Il primo bidone, abbandonato dagli asfaltatori della strada, rinasce e si rigenera nella sua utilità.
Il primo bidone è impresa. Commercio, attività. E’ speranza e pane. E’ ingegno e intraprendenza.
Il primo bidone è lavoro.
Il secondo bidone è l’aggiunto, il di più. Il secondo bidone non duplica il capitale. Non raddoppia l’incasso della sera. Non porta più pane né companatico aggiunto. E’ vanità. E’ consolidamento del proprio stato. E’ la comodità aggiunta che non cambia la sostanza ma che tutti cerchiamo.
Il terzo bidone è capitale. E’ raddoppio dell’area e della merce. E’ impero. E’ grandezza.
Basterebbe lasciare il terzo bidone al vicino di campo. Perché per lui diventasse il primo.

Yaoundè la Capitale - 20 mar 2008

Prima di tutto il visto del Gabon. Ci rechiamo all’ambasciata
GPS N 03° 53,665’ E 011°31,166’
Chiude alle 15.00 Dopo un’ora di coda sulla strada riusciamo ad entrare. Compiliamo un modulo, consegniamo passaporti una foto e 50.000 franchi a testa. Il visto è pronto l’indomani. Se lo vogliamo prima, occorre aggiungere 20.000 franchi. Va bene per domani.

Prohandicam

Il centro PROHANDICAM accoglie ogni genere di persona e ragazzo con malformazione fisica. Nato alcune decine di anni fa dopo una grande epidemia di poliomielite si è ingrandito fino ad comprendere oggi anche una scuola per ciechi. Annessa c’e’ anche una stamperia braille dove si stampano testi per non vedenti. Uno dei centri più importanti del paese. C’è anche un reparto di fisioterapia e movimento assistito. Scuole tradizionali e professionali di falegnameria, di cucito e meccanica dove si producono tricicli per disabili. Padre Sergio di Trento lo gestisce con decisa capacità organizzativa.

Ci racconta di un centro nella foresta gestito da un laico: Leo. Sta cercando di creare delle scuole per i pigmei. Decidiamo un gettone Elfo per l’acquisto di banchi e lavagne. (dettagli in solidarietà.)
Ci parla anche di Isabelle Ze, una ragazza locale che ha aperto un orfanotrofio nella foresta a circa 300 km dalla capitale. Decidiamo di andare a passare la Pasqua nella foresta con lei.

Ancora dal meccanico!

Perde il paraolio del differenziale posteriore. Il meccanico che ci raccomandano giura di conoscere le land rover e ci porta nel suo garage che non è altro che un cortile di ghiaia vuoto e senza attrezzi. Mi dice dove parcheggiare e di innestare la doppia trazione. Capisco che non conosce un tubo della Land Rover in quanto la doppia trazione NON è disinseribile MAI. E’ sempre innestata. Dovrò fare molta attenzione a quello che fa. Smontiamo il paraolio e partiamo alla ricerca del pezzo di ricambio. Ovviamente con me ho tutti i tipi di paraolio e guarnizioni eccetto quello.
La ricerca dura tutto il pomeriggio e tutta la mattina successiva. Giriamo la città in taxi ed in moto-taxi. Nessuno vende i pezzi di ricambio Land Rover. Ne troviamo uno arrugginito ma ci chiedono una cifra da capogiro. Cerchiamo ancora e ne troviamo uno alla metà. E’ ancora nella plastica ma è di un altro tipo di metallo. Poi ci diranno fatto in Cina.
Proviamo e riproviamo a montarlo ma non entra. Apparentemente è identico, ma non entra. Cerchiamo ancora e ne troviamo uno ancora nella confezione “ricambi originali Land anche se un po arrugginito. Stavolta ci siamo. Prezzo alto ma abbiamo risolto.
Lavorando sotto l’auto ci accorgiamo che dove la marmitta si unisce al tubo di scarico, è marcita. La smontiamo e la facciamo “rigenerare” da un fabbro. Mi accorgo che anche il silent block sx montato in Ghana, si sta rompendo. Sostituiamo anche quello.
Dopo due giorni l’auto è di nuovo in forma.

Djoum - 23 mar 08

Percorriamo i 300 km in parte di asfalto e in parte di pista per raggiungere Djoum. Incontriamo Isabelle Ze in mezzo ai suoi orfanelli e visitiamo l’orfanotrofio. E’ veramente in gamba e sta facendo un ottimo lavoro quasi da sola. Lasciamo materiale scolastico, un pallone e assegniamo 2 gettoni .
Dettagli in solidarietà.

Non sono in molti quelli che l’aiutano. Uno di questi è Daniel, un francese in africa 35 anni. E’ il responsabile di una ditta che esporta legname in tutto il mondo. La segheria da lavoro a 500 operai, tutti locali. Fornisce l’ottanta per cento degli impieghi della zona. Ci spiega che ci sono 35 specie diverse di alberi che possono abbattere . Nelle aree di abbattimento individuate possono tagliare solo una pianta per ettaro e la legge prevede che per 30 anni non è possibile sfruttare nuovamente la stessa area. Tutti tronche eccetto 2 specie meno pregiate devono essere lavorati nella zona e partire in container con già i tagli destinati all’industria acquirente. Questo per aumentare le possibilità di impiego di manodopera locale.

Verso il Gabon- 25 mar 2008

La pioggia che è caduta violenta nella notte ha reso la pista verso la frontiera viscida e fangosa ma con la velocità moderata arriviamo al confine dove in pochi minuti sbrighiamo le formalità di uscita coi gentili gendarmi e doganieri.

Impressioni sul paese

Una popolazione apparentemente molto tranquilla, nonostante i pasticci dei colonizzatori che hanno fatto si' che il paese sia diviso in due aree di lingua diversa: anglofobi e francofoni.
Le strade principali sono ben asfaltate mentre al di fuori di questi assi rimangono piste in pessime condizioni.
Numerosi posti di blocco lungo le strade con bande chiodate di gendarmi, poliziotti e guardie municipali. Sappiamo spesso essere in cerca di mance ma a noi non hanno mai creato problemi né chiesto soldi.
Per la prima volta dalla partenza ritroviamo i negozi fornitissimi di liquori di ogni genere.
Abbiamo riscontrato la presenza di un’elevatissimo numero di persone albine.

Cartelli, birre e curiosità.